TRUFFA ONLINE: ECCO QUANDO LA BANCA RIMBORSA IN CASO DI PHISHING.

TRUFFA ONLINE: ECCO QUANDO LA BANCA RIMBORSA IN CASO DI PHISHING.

I servizi di home banking consentono di accedere e gestire il conto corrente in tutta semplicità, ma allo stesso tempo ci espongono al rischio elevato di truffa online via phishing.
Solitamente, il phishing comincia con l’invio di un messaggio di posta elettronica alla vittima, e il mittente sembra essere la banca, istituti finanziari, società elettriche, idriche, del gas, agenzie governative (persino l’agenzia dell’entrate). Il messaggio allerta la vittima di un problema che è stato riscontrato su queste piattaforme avvertendola della necessità di cliccare su un link o fornire dati sensibili come unica soluzione possibile al problema stesso. Così il malcapitato viene derubato dei suoi dati e del suo conto corrente.
L’art. 7 del D.lgs. 11/2010 stabilisce che il cittadino deve comunicare al prestatore del servizio (banca) lo smarrimento, il furto, l’appropriazione indebita o l’uso non autorizzato del suo conto corrente appena ne ha conoscenza. Nel caso in cui il cittadino neghi di aver effettuato un’operazione, spetta alla banca dimostrare che l’operazione è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata, e che non si sono verificati malfunzionamenti o inconvenienti durante la sua esecuzione (art. 10 comma 1 del D.lgs. 11/2010).
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Come si procede per ottenere il rimborso in caso di phishing L’art. 11 del D.lgs. 11/2010 stabilisce che la banca è tenuta a rimborsare l’importo sottratto alla vittima mediante un’operazione di pagamento da questa non autorizzata. La vittima che intende far valere le proprie ragioni deve comunicare alla banca di non aver autorizzato l’operazione contestata. Se la banca non riconoscesse la propria responsabilità e negasse il rimborso, il soggetto truffato dovrebbe adire le vie legali. Ma prima di andare in giudizio dovrà esperire il procedimento di mediazione obbligatoria, che costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Una possibile alternativa è il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF).